La Garzaia di Figline, situata a 124 metri s.l.m. in un piccolo bosco di proprietà della fattoria Serristori, in località Carresi.
Il sito su cui sorge la garzaia fa parte di un complesso di zone umide di origine artificiale conosciute come “Laghi di Figline”. Si tratta di più di venti bacini residui di passate attività di escavazione in stato di abbandono e in piccola parte ancora utilizzate per attività di lavaggio e stoccaggio di inerti.
L’area interessata dalla garzaia si estende per circa 3,5 ettari, mentre la garzaia vera e propria occupa circa un ettaro. La zona della garzaia è caratterizzata dalla presenza di un grosso impianto di lavaggio di inerti. Proprio su alcune modifiche ambientali (creazione di vasche per la sedimentazione dei fanghi residui) si sono originate le condizioni necessarie per la crescita del piccolo bosco igrofilo.
In data 20 febbraio 1995 la Provincia di Firenze, su richiesta del comune di Figline, ha istituito in questo territorio una Zona di Protezione lungo le Rotte di Migrazione dell’avifauna.
Nella garzaia nidificano la Nitticora (Nycticorax nycticorax) e la Garzetta (Egretta garzetta).
Le altre specie di Ardeidi osservate nella zona sono l’Airone cenerino (Ardea cinerea) (presente durante tutto l’anno), l’Airone rosso (Ardea purpurea) e l’Airone bianco maggiore (Casmerodius albus).
La garzaia è un “condominio” degli aironi dove questi uccelli nidificano e come tale assume un grande valore naturalistico riconosciuto a livello internazionale. Uno dei fattori che determinano la presenza di una garzaia in un territorio è la disponibilità di zone umide utilizzabili per l’alimentazione e sufficientemente vicine e capaci di sostenere la colonia di aironi. Una definizione di garzaia si trova nel trattato Ornitologia Toscana (1827-31) di Paolo Savi:
«Son questi siti di difficile accesso, ove supposero che la loro prole godrebbe tranquillità e sicurezza. Trovansene in varie parti d’Europa, e diversi, anche molto cospicui, sono in Italia, ove han nome di Garzaje. Nella parte orientale del vasto padule di Castiglion della Pescaja, non molto lontano dal chiaro della Meloria, sonovi de’ boschetti di Tamarici, e Salci, che essendo da tutte le parti circondati da foltissime Cannelle, vegetanti in una fanghiglia molle, profonda, e coperta di poca acqua, non si può giungere ad essi con i barchetti, e solo vi si può penetrare camminando con gran fatica, ed anche pericolo, in quell’acqua motosa, ingombra di radiche, e tronchi caduti. In questi boschetti resi quasi inaccessibili all’uomo, non tanto dalla natura del suolo, quanto per l’aria pestifera che vi regna in estate, un immenso numero d’Uccelli acquatici vi si propaga. Anatre, Folaghe, Sciabiche, Gallinelle, ecc. han stabilito il loro covo fra l’erbe ed i paglioni, alla superficie dell’acqua: ma il numero più grande di que’ nidi è d’aironi, e Marangoni, che riempiono tutti i rami, le biforcature de’ fusti, la sommità delle ceppe. Giungendo a penetrare in una di questa Garzaje, odesi un romorìo fortissimo e indescrivibile, prodotto dallo stridere e gracitare contemporaneamente di tutto quell’uccellame. I vecchi, ed i giovani capaci di volo, prendon tutti da prima la fuga, e quasi un nuvolo se ne inalza nell’aria: ma ben presto negli adulti l’amor de’ figli superando il timore, e fors’anche ignari del coraggio e del potere dell’uomo, credendo intimorire, e fugare il loro persecutore, ritornan nel bosco, e ricomincian le strida, e nemmeno i colpi di bastone o di fucile dai quali vedono uccidere un gran numero de’ loro compagni, son più capaci di allontanarli».
|