Data pubblicazione
04/11/2008 00:00:00
Novembre 1867: il generale di ritorno da Mentana viene fermato per ordine di Menabrea.
Toscana terra avara di soddisfazioni per Garibaldi. Di ritorno dalla sfortunata giornata di Mentana, dopo le illusioni di Monterotondo e l’avanzata verso Roma, Garibaldi e il suo seguito (circa cinquanta uomini) vennero fermati alla stazione di Figline Valdarno il 4 novembre 1867. Camosso, comandante della divisione carabinieri della capitale, aveva ricevuto l’ordine di fermare il convoglio proveniente da Passo Corese, prelevare il generale ed inviarlo a La Spezia da dove sarebbe stato tradotto per la detenzione al Lazzaretto di Varignano. Si volevano evitare attriti con la Francia, nella prospettiva che Garibaldi riprendesse la strada per Roma. Le fasi dell’arresto furono molto concitate, anche perché ad attendere Garibaldi a Figline non c’era solo i carabinieri e bersaglieri del Regio Esercito, ma anche una folla che aveva saputo del suo arrivo. Garibaldi furioso contro i carabinieri che erano venuti a prelevarlo chiese di poter telegrafare al presidente del Consiglio. Il permesso fu negato e dopo tre ore di estenuanti trattative, il generale fu messo di forza sul vagone da due militari. A stento i compagni di Garibaldi si trattennero dal reagire: alcuni di loro, il genero Canzio e l’amico Basso decisero di seguirlo verso il luogo di detenzione. Non i due figli che erano sul convoglio fermato a Figline Valdarno. Per un errore di Camosso, i due giovani rimasero liberi e poterono far ritorno a casa.
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